Asia Graziano
cover L'incredibile storia di Tamara de Lempicka

L'incredibile storia di Tamara de Lempicka

Da disegnatrice di cappelli a pittrice: non solo amore impossibile di D'Annunzio
21 mar 2025
7'

Sensualità ed emancipazione femminile

Tamara de Lempicka, Ritratto della duchessa de la Salle, olio su tela, 162 x 97 cm. Foto © Sotheby's

Tamara de Lempicka, Ritratto della duchessa de la Salle, olio su tela, 162 x 97 cm. Foto © Sotheby's

Tamara de Lempicka nacque a Varsavia il 16 maggio 1898, da madre polacca e padre di nazionalità russa. La figura più importante nella crescita dell’artista fu però la nonna Clementine, che si occupò di lei e le permise di poter frequentare prestigiosi istituti scolastici, come il Collegio Polacco di Rydzyna o la scuola Villa Claire di Losanna, in Svizzera. La nonna fu anche un punto di riferimento per la formazione culturale della De Lempicka: le due fecero infatti un viaggio in Italia che si rivelò fondamentale. Quando la nonna venne a mancare nel 1907, De Lempicka si trasferì a San Pietroburgo. Nel frattempo, già intorno ai 10 anni, De Lempicka aveva iniziato ad usare gli acquerelli e ad appassionarsi all’arte.

A San Pietroburgo, nel 1916, l’artista sposò un giovane avvocato di nome Tadeusz Lempicki, e proprio da lui deriva il cognome con cui è conosciuta. Nello stesso anno, dall’unione nacque una bambina di nome Kizette, che compare in alcune opere dell’artista. Nel frattempo scoppiarono in città i tumulti legati alla Rivoluzione Russa, così la coppia si spostò a Parigi nel 1918, e qui de Lempicka iniziò a lavorare come disegnatrice di cappelli per potersi mantenere. Riuscì ad iscriversi ai corsi di pittura dell’Académie de la Grande Chaumiere e dell’Académie Ranson, dove ebbe come maestri gli artisti Maurice Denis e André Lhote. Raggiunse rapidamente un buon successo, ed iniziò ad esporre pubblicamente per la prima volta nel 1922 al Salon d’Automne, per poi partecipare alle maggiori mostre di Parigi.

Le opere dell'artista offrono un’immagine sfavillante degli anni Venti a Parigi. In particolare, a renderla celebre furono i suoi ritratti in pieno stile Art Déco di varie personalità dell’aristocrazia e dell’alta borghesia parigina, tra uomini in abiti eleganti e donne ricoperte di gioielli con cappelli acconciati e dettagli alla moda come guanti e voluttuosi foulard. In queste tele, sono presenti anche dei precisi status symbol come automobili e location di lusso come Saint Moritz o lo skyline di New York. Il lusso e lo sfarzo venivano spesso accompagnati anche dalla sensualità e dal fascino, che permeavano le opere di Tamara de Lempicka fino ad abbracciare un vero e proprio erotismo. Per lo più, nei dipinti compaiono come protagoniste donne dall’aria malinconica ed irraggiungibile, altezzose e in atteggiamenti provocanti. Stilisticamente, le opere sono caratterizzate da una predominanza di linee pulite e colori vividi stesi con pennellate compatte che donano plasticità alle forme, con rimandi alla scultura classica e alla produzione di Jean-Auguste-Dominique Ingres.

Monumentali figure si impongono nelle spazio occupando quasi tutta la tela su fondali neutri, sui toni del grigio, così da risaltare ulteriormente. Proprio come nella statuaria classica, spesso l'artista ricorre all'impiego dei drappeggi. Già la prima opera presentata al Salon del 1922, dal titolo Le due amiche, iniziano a comparire questi elementi caratterizzanti. Protagoniste dell’opera, due giovani donne che sembrano quasi dei manichini, in quanto gli sguardi risultano inespressivi, distaccati, e le linee sono molto dure e nette. Il dipinto tuttavia non incontrò il favore del pubblico sia per la mancanza di espressività, che per l’allusione provocatoria di un legame saffico tra le due protagoniste.

Da Rafaëla a La Madre Superiora: maturità e crisi dell'artista

Tamara de Lempicka, Le Rêve (Rafaëla sur fond vert), 1927. Foto © Sotheby's

Tamara de Lempicka, Le Rêve (Rafaëla sur fond vert), 1927. Foto © Sotheby's

De Lempicka elaborò una serie di dipinti in cui è protagonista una giovane donna di nome Rafaëla, che si rivelò essere un diretto riferimento ad una passione vissuta in prima persona dall’artista nei confronti di una donna che l’aveva colpita profondamente per i suoi occhi e per il fisico generoso. Alcuni dipinti a lei dedicati furono Il sogno (1927), in cui conferisce alla donna una sensazione di tenerezza e persino di timidezza, evidente nel gesto di coprire il seno che differisce nettamente degli sguardi ammiccanti delle opere precedenti, e La bella Rafaëla (1927) in cui la sensualità della donna campeggia su tutto il quadro. Simile nell’impostazione, e di grande raffinatezza ed eleganza è inoltre Giovane fanciulla con guanti (1930), un altro dipinto molto celebre di de Lempicka che colpisce per la resa dei drappeggi, che si espandono nello spazio in numerosi movimenti e pieghe quasi come se la protagonista fosse una moderna Nike di Samotracia.

Risale al 1927 Kizette al balcone, in cui de Lempicka ritrae la figlia seduta su uno sgabello sul balcone. La posa in cui viene ritratta richiama il Ritratto di Bia de‘ Medici di Agnolo Bronzino, artista da lei molto amato e che conferma lo studio approfondito dei grandi maestri italiani. Grande successo ebbe, invece, l’opera Autoritratto (1929), al punto da diventare una vera icona dell’epoca: fu anche utilizzata come immagine di copertina della rivista tedesca “Die Dame”, ed ancora oggi è simbolo dell’indipendenza e dell’emancipazione femminile, nonché del mito della velocità tipico di quegli anni. De Lempicka si ritrae a bordo di un’automobile Bugatti decappottabile, vestita di tutto punto con guanti e foulard che riparano collo e testa dal vento. Lo sguardo della donna è fiero, ad accentuare il senso di fierezza a bordo della sua auto fiammante, e crea un efficace contrasto con la morbidezza dei lineamenti del volto e con le linee geometriche date dal movimento del foulard con il vento. In quest’opera, come in molte altre, viene spesso spontaneo riconoscere diverse influenze da correnti a lei contemporanee, come il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti o al Cubismo di Pablo Picasso in alcuni modi spigolosi di rendere le linee e di dividere le forme in una sorta di settori ben definiti.

L’artista, dopo il trasferimento negli Stati Uniti degli anni Trenta, cambiò decisamente le tematiche delle sue opere, optando per dipinti di stampo religioso che riflettevano una personale crisi esistenziale che la portò a restare inattiva per diversi anni. Dipingere soggetti religiosi sembrava darle conforto, e De Lempicka confermò anche in questa fase la tendenza a portare sulla tela le persone che facevano parte della sua quotidianità. Ad esempio ritrasse la madre superiora di un convento di Parma nel dipinto La madre superiora (1935), uno dei dipinti da lei più amati che donò al museo di belle arti di Nantes, rifiutandosi di venderlo. In un altro dipinto, invece, ritrasse il suo psichiatra nelle vesti di Sant’Antonio. Le opere tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta abbracciano stilemi surrealisti come Chiave e mano (1941), Mano surrealista (1947) e temi umanitari come I rifugiati (1931).

Il periodo italiano: la prima personale e l'incontro con D'Annunzio e Marinetti

Tamara de Lempicka, Autoritratto con Bugatti Verde, 1932.

Tamara de Lempicka, Autoritratto con Bugatti Verde, 1932.

Proprio in Italia, presso la Galleria Bottega di Poesia di Milano, di proprietà del marchese di Castelbarco, Tamara riesce a organizzare la sua prima personale nel 1925. In questi anni incontra Gabriele d’Annunzio, che tentò invano di sedurla e di cui avrebbe dovuto realizzare un ritratto, e Filippo Tommaso Marinetti, che contribuì a far conoscere la sua pittura nel paese.

La pittrice e il Vate si scambiano una lunga corrispondenza prima di incontrarsi al Vittoriale: i due si corteggiano, ma Tamara non cede alla corte spietata di D'Annunzio, che dopo una serie di rifiuti decide di invitarla a lasciare la sua residenza. E così si passa dalle iniziali lettere in francese della De Lempicka, nelle quali ella dice a D’Annunzio: “Volete che passi anche da voi? Io ne sarei felice, e voi? Vi invio, mon frère, tutti i miei pensieri, quelli buoni e quelli lascivi, quelli cattivi e quelli che mi fanno soffrire.”, alle definizioni tranchant come: “vecchio nano in uniforme”. E da parte di D’Annunzio si passa dalle cannonate a salve nel parco della Villa sul Garda, seguite dal grido “Alla Polonia! Alla vostra arte! Alla vostra bellezza!” a conclusioni meno rispettose, quali: “Voi non siete una signora, siete solo una sgualdrina. Ma una sgualdrina di classe, lo ammetto.”.

Gli ultimi anni in America

Tamara de Lempicka, Composition abstraite bleue et noire, olio su tela, 1953 circa, 48,6 x 32,7 cm. Foto © Christie's

Tamara de Lempicka, Composition abstraite bleue et noire, olio su tela, 1953 circa, 48,6 x 32,7 cm. Foto © Christie's

Nel 1928 Tamara de Lempicka si separò dal marito ed iniziò una nuova relazione con il barone Raoul Kuffner de Diószegh, con cui si risposò successivamente nel 1933. Dopo numerosi viaggi per l’Europa, all’inizio della seconda guerra mondiale De Lempicka si stabilì con la famiglia negli Stati Uniti, precisamente a Beverly Hills in California. Questa nuova vita oltreoceano coincise tuttavia con una crisi esistenziale dell’artista, che la condusse ad impegnarsi in attività umanitarie e di solidarietà. Negli Stati Uniti, de Lempicka fu presente in diverse mostre e gallerie tra New York, Los Angeles e San Francisco. Seguì un periodo di inattività artistica, che durò fino al 1957. In quell’anno, De Lempicka espose opere inedite alla Galleria Sagittarius di Roma, accolte tuttavia sfavorevolmente dalla critica. Nel frattempo, nel 1962 morì il suo secondo marito, così De Lempicka si trasferì ad Houston, in Texas, dove intanto si era stabilita sua figlia. Nel 1969 tornò nuovamente a Parigi e riprese a dipingere, ottenendo un rinnovato successo grazie ad una mostra antologica allestita nel 1972 presso la Galerie du Luxembourg. Nel 1978 Tamara de Lempicka si trasferì in Messico, a Cuernavaca. Qui morì il 18 marzo 1980, e le sue ceneri vennero sparse sul cratere del vulcano Popocatépetl, così come da richiesta dell’artista.

In copertina: Tamare de Lempicka, Les Jeunes Filles, 1930. © Christie's

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