
Il Colosso di Goya
L’enigmatica tela è contraddistinta dalla consueta tavolozza scura del pittore spagnolo che qui dà vita a un capolavoro di contrasti, estetici e contenutistici. L’opera è dominata dalla figura oscura e sfocata del colosso, protagonista gigantesco e barbuto, devastato dalla furia, come evidenziano gli occhi chiusi e i pugni serrati per la collera e una certa aria minacciosa. La sua fisicità è abbracciata da una coltre di nubi magistralmente concepita, mentre le figure umane, nella parte inferiore del quadro, sono concepite con tratti rapidi, a veicolare quel senso di disperazione e urgenza di fuga, per la sopravvivenza. Il popolo scappa in modo frenetico e vorticoso da un pericolo imminente e mortale. La folla prende parte a questo esodo improvviso anche un branco di grosse bestie che, ormai non più impedite dal recinto, fuggono dai mandriani. Una colonia di sfollati alla deriva con masserizie al seguito e altre persone che implorano aiuto, consapevoli che ogni attimo per sfuggire da quel rischio immane potrebbe rivelarsi vitale. C'è chi, colto da un improvviso malessere fisico, tracolla, e vi è persino un cavaliere disarcionato. A destra, infine, notiamo un piccolo villaggio addormentato, ormai inadatto per proteggere i suoi abitanti. L'unico essere vivente a non curarsi del pericolo imminente è un asino, simbolo dell'ignoranza e caparbietà umana. Il chiaroscuro accentua la drammaticità della scena. Il cielo è squarciato in due: la parte superiore oscura, su cui si apre un varco, un lampo, quasi un bagliore innaturale. I toni scuri tornano nella parte inferiore della tela, a caratterizzare il vuoto, la disperazione e l’ansia in cui la folla si trova. L’uso del colore e delle ombre, contribuisce all’atmosfera carica di tensione e drammaticità. L’anno di esecuzione dell’opera coincide con l’inizio della sanguinosa guerra di indipendenza spagnola di cui il dipinto sembra preludere le atrocità.

Francisco Goya, Il colosso, 1808, olio su tela, 116 x 105 cm, Museo del Prado, Madrid.
A livello simbolico, il Colosso di Goya può essere interpretato come una rappresentazione della lotta tra poteri oppressivi e la resilienza umana. Mentre il gigante potrebbe rappresentare un governo tirannico o le forze prepotenti della guerra, le piccole figure umane simboleggiano la fragilità ma anche la persistente resistenza dello spirito umano. Interessante è anche l’ambiguità del Colosso: la sua postura può essere vista come minacciosa o protettiva, un dettaglio che invita gli spettatori a riflettere sulla natura mutevole del potere e sulla percezione umana di ciò che è esterno e imponente. Si potrebbe rintracciare proprio nel gigante il motivo di tanta disperazione, e in questo caso vi andrebbe letta una metafora del potere assolutista, del conflitto bellico con la Francia o anche dell'insensibilità dell'uomo moderno verso la natura. Potrebbe darsi, tuttavia, che il colosso in realtà stia proteggendo la popolazione in fuga da un nemico che non riusciamo a vedere, situato oltre le colline: ad avallare questa tesi vi è la posizione stessa del gigante, che non attacca il popolo inerme bensì gli dà le spalle, o meglio lo protegge, e l'esistenza di un poema di Juan Bautista Arriaza, Profecía del Pirineo (1808), dove si narra proprio di un colosso di statura e forza straordinaria, vero e proprio nume tutelare della Spagna, che emerge dalle montagne e si confronta con l'invasione napoleonica. Il colosso, inizialmente custodito da Javier Goya, come testimonia l'nventario di casa Goya nel 1812 dopo varie peregrinazioni giunse a Pedro Fernández Durán, il quale nel 1931 ne fece dono alla galleria del Prado, presso la quale l'opera trovò la sua collocazione definitiva. Persistono, tuttavia, alcuni dubbi sull'effettiva paternità del quadro.
La controversia attributiva

(attr.) Francisco Goya, Ritratto di Asensio Julià, 1814.
L’attribuzione a Goya è stata messa in discussione fin dal 1992, quando furono completati i lavori di restauro del dipinto. La svolta è arrivata quando Manuela Mena, esperta di Goya per il Museo di Madrid, ha rilevato in maniera netta la natura ambigua del dipinto. La studiosa aveva addirittura scovato la firma “A.J.” nell’angolo della tela. Due iniziali riconducibili a un l’allievo di Goya: Asensio Julia. Così nel 2008 il dipinto fu ri-attribuito. Nel 2018, al ritiro di Manuela Mena, gli altri esperti del Prado hanno iniziato a lavorare ad una nuova ri-attribuzione del Colosso. Ora il Museo, nell’ottica della riorganizzazione del percorso dedicato all’arte del XIX secolo, è ritornato all’originale attribuzione. A quanto pare non si tratta tanto di una decisione definitiva, quanto di una scelta fatta per riaccendere il dibattito attorno alla questione. Del resto, se può sembrare furba e sospetta l’iniziativa del Museo, d’altra parte non si può ignorare il consenso di tanti studiosi a supporto della paternità di Goya. Per esempio Mark McDonald, curatore del Met di New York, trova inverosimile che l’opera possa essere di un allievo di Goya. La sua riflessione verte attorno alle ricerche condotte per la mostra Goya’s Graphic Imagination, tenutasi proprio al museo newyorkese. Opera di spicco dell’esposizione era un Gigante seduto, una stampa dal contenuto simile al Colosso. Presupponendo questa stampa successiva al dipinto – e certamente riconducibile a Goya – sarebbe dunque strano se il pittore avesse tratto un soggetto così centrale per la sua opera da un collaboratore. Un’argomentazione potenzialmente valida, ma che ad ogni modo non risolve definitivamente alcun tipo di controversia attributiva. Per ora, ad ogni modo, il Colosso rimane per il Museo del Prado un’opera del tutto attribuibile a Francisco Goya. Almeno fino alla prossima variazione del percorso espositivo. Ad ogni modo l’opera è altamente evocativa e interessante, sia per la composizione che per la realizzazione, in ragione del cromatismo, dei contrasti di luce e ombre e del linguaggio narrativo così moderno, tanto da aver ispirato anche il regista messicano Guillermo del Toro, come lui stesso ha dichiarato, per la realizzazione delle battaglie tra Mecha e Kaijū, presenti nel suo film Pacific Rim. Proprio quest'anno il dipinto è stato anche una delle principali ispirazioni del design dei giganti del manga e anime Attack on Titan.
In copertina: Francisco Goya, Il colosso, 1808, olio su tela, 116 x 105 cm, Museo del Prado, Madrid. Dettaglio.
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