
Emilie Flöge: la stilista che ha rivoluzionato la moda del Novecento e ispirato Gustav Klimt
Lo stile rivoluzionario per vestire la nuova donna del Novecento

Emilie Flöge e Gustav Klimt nello scatto di Heinrich Böhler del 1909.
In un’epoca in cui l’abito era ancora simbolo di ruolo sociale più che di espressione individuale, Emilie Flöge (Vienna, 30 agosto 1874 – Vienna, 26 maggio 1952) seppe trasformare il vestire in arte, e la sartoria in un atto di modernità. Nata a Vienna nel 1874, quarta figlia di un tornitore, Emilie crebbe in un ambiente borghese assieme ai fratelli Hermann, Pauline ed Helene. Fu proprio con le sorelle che avrebbe dato vita a uno dei capitoli più affascinanti della moda austriaca del primo Novecento. Giovanissima, Emilie si avvicinò al mondo della sartoria mostrando da subito una spiccata inclinazione per la creatività. Nel 1895 iniziò a lavorare nella scuola di cucito fondata da Pauline e, solo pochi anni dopo, nel 1899, le sorelle Flöge si aggiudicarono un importante concorso per la realizzazione di un abito in batista. Un primo riconoscimento pubblico che sanciva l’inizio di un percorso destinato a lasciare il segno. Ma è nel 1904 che Emilie raggiunge la piena maturità artistica e imprenditoriale. Insieme alla sorella Helene apre “Schwestern Flöge”, una sofisticata boutique di moda situata nella elegante Mariahilfer Strasse, cuore pulsante della Vienna borghese. Il negozio, progettato dal celebre architetto Josef Hoffmann, divenne in breve tempo punto di riferimento per un’élite femminile colta e progressista. Le creazioni proposte da Emilie si ispiravano allo stile della Wiener Werkstätte, la celebre officina d’arte applicata che mirava a coniugare funzionalità, estetica e artigianato. Gli abiti firmati Flöge, ampi, privi di costrizioni e ricchi di pattern decorativi, si ponevano in netta opposizione ai busti stretti e alle rigidità della moda tradizionale. In questi modelli liberi e ariosi si leggeva un manifesto di emancipazione femminile, in linea con lo spirito secessionista che attraversava Vienna in quegli anni. Gustav Klimt, compagno intellettuale e probabilmente anche sentimentale di Emilie, pare contribuì personalmente al design di alcuni di questi abiti, confermando l’intreccio indissolubile tra arte e moda nella loro visione condivisa. Viaggiando tra Londra e Parigi, Emilie si tenne costantemente aggiornata sulle tendenze internazionali. Entrò in contatto con le creazioni di stilisti rivoluzionari come Coco Chanel e Christian Dior, rielaborandole con un gusto personale per la clientela viennese. La sua boutique divenne una delle voci più autorevoli del panorama stilistico della capitale asburgica nei primi trent’anni del Novecento.
Musa di Klimt

Gustav Klimt, Ritratto di Emilie Flöge, 1902, olio su tela, 181 × 84 cm, Wien Museum, Vienna.
Nonostante il suo indiscusso talento come stilista e imprenditrice, il nome di Emilie Flöge resta indissolubilmente legato a quello di Gustav Klimt, uno dei massimi esponenti della Secessione Viennese. Per decenni, Emilie è stata liquidata dalla storiografia semplicemente come “la musa di Klimt” o “la donna dei suoi ritratti”. In realtà, fu molto di più: si trattò di una vera e propria figura centrale nella vita dell’artista, un'intellettuale autonoma e, forse, l’unico legame affettivo davvero duraturo nella sua esistenza. Il legame tra Emilie e Gustav nasce all'interno di una trama familiare. Nel 1891, la sorella di Emilie, Helene Flöge, sposò Ernst Klimt, fratello minore di Gustav. Ma il matrimonio fu tragicamente breve: Ernst morì improvvisamente nel 1892, lasciando la moglie e una figlia piccola. Gustav Klimt, designato esecutore testamentario, entrò stabilmente nella vita della famiglia Flöge. Da quel momento, i suoi rapporti con Emilie si fecero sempre più stretti, anche grazie ai periodi estivi che entrambi trascorrevano sulle sponde dell’Attersee, in Alta Austria. In questo luogo idilliaco, lontano dalla rigidità della società viennese, nacque un’intimità fatta di complicità artistica e profonda affinità intellettuale. Il loro rapporto, iniziato in quel periodo, sfugge a qualsiasi definizione convenzionale. Non esistono prove certe di un fidanzamento ufficiale né di una relazione romantica esclusiva, ma è chiaro che Emilie fu la presenza femminile più costante nella vita di Klimt. L'artista, noto per i suoi frequenti legami amorosi – spesso con le modelle dei suoi quadri – mantenne sempre un rapporto privilegiato con lei. Nonostante le numerose storie parallele del pittore, il vincolo con Emilie durò fino alla fine. Un dettaglio, forse più eloquente di mille lettere d’amore, lo racconta il giorno della morte di Klimt, nel 1918: sul letto d’ospedale, colpito da un ictus, pare abbia pronunciato come ultime parole “Portatemi Emilie”. Lei arrivò, e fu l’ultima persona a tenergli la mano prima che morisse. Un’immagine che restituisce, più di ogni altra, la profondità del loro legame. Sul piano artistico, Emilie fu molto più di una modella occasionale. Klimt la ritrasse in numerosi disegni e dipinti, tra cui un celebre olio su tela del 1902, intitolato semplicemente Ritratto di Emilie Flöge. In quest’opera, la giovane donna appare eretta, elegante, avvolta in un abito riccamente decorato che si fonde con lo sfondo, in un gioco visivo che richiama proprio i motivi stilistici delle Wiener Werkstätte. È un’immagine sospesa tra simbolismo e modernità, in cui la moda diventa parte integrante della composizione artistica.
Il bacio: sodalizio artistico e sentimentale

Gustav Klimt, il Bacio, 1907-1908, olio su tela, 180 × 180 cm, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna.
Molti critici, nel corso degli anni, hanno ipotizzato che sia Emilie la donna inginocchiata nel celeberrimo Il Bacio, uno dei capolavori assoluti di Klimt. Sebbene non esista una conferma definitiva, l’ipotesi è suggestiva e perfettamente coerente con l’intensità del loro legame: se così fosse, la scena raffigurerebbe non solo un abbraccio d’amore, ma l’atto simbolico di una fusione tra arte, affetto e visione condivisa del mondo. Il dipinto venne realizzato dal celebre artista austriaco nel 1908, a distanza di cinque anni dal soggiorno ravennate del 1903 e, come già affermato, ben si nota l’ispirazione tratta dai mosaici bizantini dei grandi monumenti della città dall’ampio utilizzo della foglia oro applicata sulla tela. Il prato fiorito su cui sta la coppia potrebbe presumibilmente essere la riva del lago Attersee di fronte alla Villa Oleander a Kammer am Attersee, sono perfino visibili le alghe alle caviglie della donna e il fondo dorato potrebbe forse essere proprio lo specchio d’acqua dell’Attersee, sul quale si riflette il sole del mattino e la luce della luna, davanti a cui Gustav ed Emilie si abbandonano l’uno nell’altra. In effetti, dal 1900 al 1916, i due trascorrono le loro vacanze estive a Litzlberg am Attersee, sul lago Attersee, nella villa Paulick a Seewalchen, nella villa Oleander a Kammer o nella Forsthaus a Weißenbach. Ne sono testimonianza i numerosi scatti in cui Emilie è raffigurata con i suoi abiti all’avanguardia e gli oltre quaranta dipinti di paesaggio che l’artista eseguì in questi luoghi. In definitiva, Emilie Flöge non fu mai l’ombra silenziosa di un artista geniale. Fu piuttosto una protagonista autonoma e modernissima, capace di muoversi tra moda, arte e avanguardia culturale, portando con sé un’idea nuova di femminilità e libertà creativa. La sua figura, riletta oggi, ci parla di una donna che ha vissuto fuori dagli schemi, costruendo con determinazione un’identità capace di brillare anche oltre il riflesso di Klimt.
In copertina: Gustav Klimt, Ritratto di Emilie Flöge, 1902, olio su tela, 181 × 84 cm, Wien Museum, Vienna. Dettaglio.
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